Cerca
Close this search box.
img-1

Bibliografia & Opere

La Fondazione Mario Tobino, nel suo costante impegno di riscoperta e valorizzazione dell’opera del grande scrittore e psichiatra, in occasione del centenario tobiniano (1910 – 2010) ha sostenuto con convinzione la pubblicazione di un importante strumento di ricerca:

img-2

a cura di Giuseppe Emiliano Bonura, Giacomo Contiero, Paola Italia

Mario Tobino. Bibliografia testuale e critica (1931-2009)

Pontedera (Pisa), Bibliografia e Informazione, 2010, p. 166 (Quaderni di NBT ; 4)

Il volume, pubblicato in occasione del Centenario della nascita dello scrittore, raccoglie gli interventi di/su Mario Tobino compresi tra 1931 e 2009 includendo opere in volume, interventi su monografie, contributi su pubblicazione periodica, traduzione, recensioni e interviste. Completa la bibliografia una cronologia della vita a cura di Paola Italia.

Le prime esperienze letterarie di Mario Tobino risalgono ai primi anni ’30, quando, giovane studente di medicina, scrive racconti e poesie, avendo già in mente di pubblicarli. Nel 1934 esce Poesia, una raccolta la prima raccolta di versi pubblicata dall’editrice «Cronache» di Bergamo.

Il 1942 è un anno fortunato per lo scrittore, vedono la luce i versi di Veleno e amore (Edizioni di Rivoluzione, Firenze), Il figlio del farmacista («Edizioni di Corrente») e una raccolta di racconti dal titolo Gelosia del marinaio («Tumminelli», Roma).
Nel 1949 riesce a far pubblicare ‘44-‘48 («Edizioni della Meridiana»), poesie degli anni della Resistenza che saranno motivo di ispirazione per Il clandestino.
Nel 1950 esce Bandiera nera, romanzo breve che narra degli anni della dittatura fascista, che sarà poi ristampato assieme a L’Angelo del Liponard nel 1951 dall’editore fiorentino Vallecchi.

img-3

Mario Tobino

Il figlio del farmacista

Firenze, Vallecchi, 2021, p. 96

Il figlio del farmacista è l’esordio come scrittore di Mario Tobino. E un romanzo autobiografico sulla giovinezza, sulla passione per la letteratura e per la scrittura di questo grande scrittore.

img-4

Mario Tobino

L’angelo di Liponard

Firenze, Vallecchi, 2021, p. 136

Un barcobestia diretto a Medusa è sorpreso dalla bonaccia. Gli undici uomini d’equipaggio si trovano prigionieri, storditi dal silenzio e da un’inerzia che sembra infinita. I loro destini si intrecciano con quelli di Fernanda, moglie del capitano, che nell’immensità di quella distesa azzurra si trasforma in ossessione per tutti. L’angelo del Liponard e gli altri otto racconti di questa raccolta sono la prova della maestria di Mario Tobino nel mescolare le profondità dell’animo umano con vicende che hanno sapore di mare dalla prima all’ultima riga.

Nel 1952 pubblica con Einaudi Il deserto della Libia, frutto dell’esperienza militare libanese come medico al seguito dell’esercito italiano tra il 1940 e il 1941.
Il grande successo letterario, da sempre atteso, arriva nel 1953 con Le libere donne di Magliano («Vallecchi»), nel quale confluisce l’esperienza viva del medico scrittore a contatto con “la follia come è”. Il libro gli vale l’apprezzamento della critica ma anche il risentimento dei colleghi di lavoro.

img-5

Mario Tobino

Il deserto della Libia

Milano, Mondadori, 2018, p. 378

Paesaggi, incontri, avventure, uomini, miraggi, con il deserto per protagonista: in una prosa affine alla lingua della poesia, Tobino rielabora nel Deserto della Libia la propria esperienza di sottufficiale medico in Africa durante la Seconda guerra mondiale, tra il 1940 e il 1941. Ma il libro non è solo testimonianza di un preciso momento storico: è anche vibrata denuncia della collera di una generazione di «soldati senza bandiera» mandati allo sbaraglio in una guerra altrui.

img-6

Mario Tobino

Le libere donne di Magliano

Milano, Mondadori, 2016, p. 168

A pochi chilometri da Lucca il colle di Santa Maria delle Grazie e in cima il manicomio. Il paese più vicino è Magliano.
Così, «venire da Magliano» per la gente del luogo significa portare il segno della pazzia, di una vita attraversata dal vento sublime e dannato della sofferenza mentale.

Nel 1954 esce – decimo libro di Tobino – Due italiani a Parigi insieme a Malinconica Spagna, l’editore è di nuovo Vallecchi, che ottiene solo tiepide accoglienze.
L’idea di far confluire la produzione poetica in un unico volume si concretizza ne L’asso di Picche (Vallecchi, 1955).
Nel 1956 Einaudi pubblica La brace dei Biassoli, il romanzo più intimo di Tobino che omaggia la memoria della madre e che nel 1957 gli regala il primo grande riconoscimento internazionale, il «Premio Veillon» di Losanna

img-7

Mario Tobino

La brace dei Biassoli

Milano, Mondadori, 2019, p. 204

“La brace dei Biassoli” (1956), il libro più personale e sofferto di Tobino, rende omaggio alla figura della madre, da poco scomparsa. Come nella “Vita nova” dantesca, lo scrittore muove dal dolore per la perdita di una donna amata assurta ad archetipo di femminilità, snodando poi il racconto in una continua alternanza tra opposte tensioni emotive e stilistiche.

Dopo la delusione per lo scarso successo di Passione per l’Italia, racconto di viaggio pubblicato da Einaudi nel 1958, arriva finalmente nel 1962 nelle librerie Il Clandestino (Mondadori) romanzo autobiografico sulla sua personale esperienza di lotta partigiana tra il 43 e 45, una rievocazione epica e trionfale ma non priva di punte di estrema amarezza. Con questo libro Tobino sente di essere «arrivato al popolo» e vince la XVI edizione del «Premio Strega» “È stato quasi un plebiscito. Io 148 voti, il secondo 66”. Nel novembre dello stesso anno inizia a collaborare con il «Corriere della Sera», per il quale scrive mensilmente un articolo o un racconto”; il legame durerà fino al 1985.

img-8

Mario Tobino

Il clandestino

Milano, Mondadori, 2018, p. 457

Con “Il clandestino”, Mario Tobino si propone di dare un affresco della propria generazione, rievocando il momento in cui rinacquero «l’amore e la fratellanza tra gli uomini». Racconta così le vicissitudini degli antifascisti viareggini nella fatale estate del 1943, alle soglie della Resistenza vera e propria. Nel fitto alternarsi di vicende e di personaggi – intellettuali e popolani, borghesi, sgherri e bel mondo – Tobino fa rivivere una stagione di rischi e di fervore, con i colori della verità e l’accento, ora giudicante, ora umanamente accorato, del testimone identificato fino in fondo con le ragioni del proprio narrare.

Il grande legame e amore per la città di Viareggio è alla base di Sulla spiaggia e di là dal molo, che Mondadori pubblica nel 1966 e riceve il riconoscimento della giuria del «Campiello» vincendo il «Premio Selezione».

img-9

Mario Tobino

Sulla spiaggia e di là dal molo

Milano, Mondadori, 2018, p. 294

«Ricordare una Viareggio scomparsa a coloro che oggi hanno il sorriso della gioventù»: questo si prefiggono i racconti di Sulla spiaggia e di là dal molo , i cui protagonisti sono una terra battuta dal sole e dal vento e un popolo fiero e infantile, anarchico e incline alla dissipazione, avvezzo alle tribolazioni della marineria e amante della gioia di vivere. 

Nel 1968 esce fra i titoli Bompiani Una giornata con Dufenne, romanzo breve dai risvolti autobiografici, con una copertina spiritosa: un cuore volante.
Il tema della follia e della vita nel manicomio torna in Per le antiche scale, pubblicato da Mondadori nel 1972, anno che vede Tobino trionfare “per furore di popolo” al «Premio Campiello». Lo scrittore è all’apice del successo.

img-10

Mario Tobino

Una giornata con Dufenne

Milano, Mondadori, 2018, ebook

Pubblicato nel 1968, Una giornata con Dufenne descrive con toni introspettivi e autobiografici l’incontro tra alcuni ex compagni di collegio nell’antico edificio scolastico. Ad accompagnare il protagonista-narratore, medico in un ospedale psichiatrico, l’amico di un tempo, Gastone Dufenne, avvocato socialista dal carattere passionale e sanguigno, indipendente e libertario, con il quale lo psichiatra ritrova dopo quarant’anni un’intatta sintonia.

img-11

Mario Tobino

Per le antiche scale

Milano, Mondadori, 2019, p. 208

In un castello trasformato in istituto psichiatrico, il dottor Anselmo considera i suoi malati persone che hanno smarrito, spesso solo temporaneamente, la luce dell’intelligenza. Ma che non hanno smarrito i sentimenti, pronti a riaffiorare intatti non appena il delirio cessa di suscitare immagini irreali, potenti e devastatrici. “Per le antiche scale” trasfigura l’esperienza personale di Mario Tobino in un intenso discorso umano e artistico sorretto da una vibrazione lirica che dona lievità e mobilità inconfondibili al suo stile.

Nel 1974 escono a breve distanza L’asso di picche – Veleno e amore secondo e l’opera dedicata a Dante: Biondo era e bello, entrambi editi da Mondadori; il primo raccoglie tutta la produzione poetica mentre il secondo è la vita del sommo Poeta, progetto al quale Tobino lavorava da molti anni.
Finalmente nel 1976 arriva il «Premio Viareggio», lo vince con La bella degli specchi, una raccolta di racconti pubblicati l’anno prima da Mondadori.

img-12

Mario Tobino

Biondo era il bello

Milano, Mondadori, 2021, p. 240

“Tobino ha voluto riferire l’esperienza di un amore che non è stato solamente letterario. Ha lasciato passare sulla pagina, con una schiettezza estrema, ciò che di Dante lo ha più riguardato, toccato e messo in discussione. Il ritratto che ne è uscito è fedele e inedito allo stesso tempo perché restituisce Dante e Tobino insieme. Proprio come la poesia, che riporta indissolubilmente legate verità e immagine”. (Marco Balzano)

Nel 1979 pubblica con Mondadori Il perduto amore, in cui racconta la breve storia d’amore avuta con una crocerosssina in Cirenaica negli anni della guerra.
La fine degli anni ’70 vede lo scrittore impegnato sul fronte della riforma dei manicomi, l’amarezza per il nuovo corso della psichiatria si ritrova fra le pagine de Gli ultimi giorni di Magliano (Mondadori, 1982). L’impegno sociale di Mario Tobino non si limita alla produzione letteraria ma si traduce anche in vibranti appelli, come quello per distogliere i giovani dalla droga “Ascolta, ragazzo, la droga mai” («La Nazione», febbraio 1978). Altro articolo di grande spessore è quello che Tobino pubblica su «La Nazione» del 7 aprile 1978, “Lasciateli in pace, è la loro casa” dove, lanciandosi in una difesa incondizionata dell’istituzione manicomiale, polemizza contro la nuova proposta di legge, avanzata dallo psichiatra Franco Basaglia, che, su ispirazione del movimento dell’Antipsichiatria inglese, vorrebbe ottenere lo smantellamento progressivo ma inesorabile dei manicomi.  Il suo appello, frutto di una quarantennale familiarità con i problemi manicomiali e dei fermenti di innovazione sperimentati anche a Maggiano, rimase tuttavia inascoltato. La legge viene approvata nel maggio del 1978.

img-13

Mario Tobino

Il perduto amore

Milano, Mondadori, 2019, p. 224

In un ospedale da campo in Libia, durante l’ultimo conflitto mondiale, nasce l’amore tra un ufficiale medico e una crocerossina. L’avvenire si prospetta luminoso: al rientro in Italia, i due innamorati potranno riabbracciarsi nel palazzo nobiliare di lei. Eppure è proprio allora che iniziano le difficoltà e il progressivo distacco della donna. E un abbandono doloroso per il giovane medico, una ferita profonda. Ma gli eventi dell’imprevedibile finale sapranno riscattarne il significato, illuminando due intere esistenze.

img-14

Mario Tobino

Gli ultimi giorni di Magliano

Milano, Mondadori, 2019, p. 368

Mario Tobino dirigeva il “manicomio” di Lucca quando, nel 1978, la legge 180 sancì la chiusura degli ospedali psichiatrici. Con un linguaggio terso ed elegante, egli dà voce alla propria amarezza e allo sgomento di fronte al mistero della follia. Dalla sua memoria emergono i ritratti delle ricoverate, con le loro sofferenze e i loro affetti, le grida selvagge e gli spersi sorrisi, ma anche i paesaggi e i personaggi dell’ospedale-città. E insieme riflessioni più teoriche sulla psichiatria e sugli psicofarmaci, con violente accuse professionali e visionarie utopie.

Nel 1984 Mondadori pubblica La ladra, romanzo breve ambientato nella Toscana del dopoguerra, accolto favorevolmente dalla critica. Due anni dopo esce Zita dei fiori (Mondadori,1986), una raccolta di storie lucchesi e psichiatriche.

Nel 1987, dopo quasi trent’anni dalla sua stesura, Mondadori dà alle stampe anche l’unica opera teatrale di Tobino, La verità viene a galla, commedia in due atti.
Il 1988 è l’anno di Tre amici (Mondadori), in cui narra la vicenda personale e collettiva degli anni della fine del fascismo e della guerra.
Nel 1990 esce l’ultimo libro, Il Manicomio di Pechino (Mondadori), resoconto in forma diaristica della sua breve esperienza come direttore generale del noscomio tra il 55 e 56.
Nel 1992 esce postuma la raccolta Una vacanza romana.

img-15

Mario Tobino

Tre amici

Milano, Mondadori, 2014, p. 208

Più che un vero e proprio romanzo, “Tre amici” è un’autobiografia collettiva nella quale l’autore fa i conti con la propria esperienza umana e politica durante il periodo più drammatico della storia italiana del Novecento: la Resistenza, la “guerra civile” e gli anni che seguirono la Liberazione. Riprendendo personaggi già presenti in “Bandiera nera” e in “Una giornata con Dufenne”, alter ego letterari dello scrittore e degli amici partigiani Pasi e Cucchi, l’uno torturato e ucciso dai nazifascisti, l’altro protagonista di una clamorosa fuoriuscita dal PCI nel dopoguerra, Tobino segna in queste pagine il punto di arrivo di quella ispirazione libertaria e antifascista che, accanto al filone marino e a quello manicomiale, percorre l’intera sua produzione.

img-16

Mario Tobino

Il manicomio di Pechino

Milano, Mondadori, 2023, p. 198

A metà degli anni Cinquanta Mario Tobino si trovò a dirigere pro tempore I’Ospedale Psichiatrico di Lucca a Maggiano. Per meglio riflettere su quell’esperienza che gli richiedeva di aggiungere alle competenze del “medico di manicomio” nuove responsabilità burocratico-amministrative, e quindi in ultima analisi sociali, Tobino verga un diario: quaderni fitti di appunti che registrano riflessioni e confessioni, e che qua e là rivelano sconcerto e disillusione. Pagine che lo scrittore deciderà di pubblicare alcuni decenni più tardi, aggiungendovi una straniante coloritura “cinese” per dare il senso della distanza, non solo cronologica, che intercorre tra l’oggi della pubblicazione e il mondo arcaico descritto nel diario. Dagli anni Cinquanta in cui i “matti” venivano tenuti nascosti e lontani dal mondo dei “sani”, in cui la psichiatria italiana viveva di improvvisazione, infatti, tutto è cambiato grazie agli psicofarmaci, alla legge Basaglia, alla chiusura dei manicomi. Consapevole che raccontare la sua esperienza sia anche <tratteggiare qualche grano dell’Italia di quei tempi>, Tobino affida come testamento ai lettori questo romanzo-diario che rappresenta l’ultimo tassello di quel “racconto di Magliano” che andò tessendo per molti anni, <<un intreccio di scrittura e di vita – scrive nell’introduzione Valeria Paola Babini – che ci porta in una sorta di labirinto rigoglioso dove, anziché perderci, ci ritroviamo più umani>>

img-17
img-18

TOBINO AL PREMIO STREGA, 1962 vinto con “Il clandestino”; Tobino ritratto con Alberto Mondadori

img-19
img-20

“Per le antiche scale” premio Campiello 1972.  Vetrine librerie Mondadori a Milano

img-21
img-22
img-23

Tobino ritira dalla giuria il premio Campiello